UN PADRE DELLA LEGGE 180 di Galileo Guidi

Michele Zanetti affiancò, per meglio dire sostenne, Basaglia nella chiusura del manicomio di Trieste. Infatti Zanetti è stato presidente della Provincia di Trieste dal 1970 al 1977 e chiamò Basaglia a dirigere il manicomio della città. Insieme realizzarono il modello di assistenza psichiatrica riconosciuto in tutti il mondo come “Modello Trieste”. Ha scritto un libro Rendiconto a “beneficio dei miei cari e soprattutto dei miei nipoti che forse avranno un giorno la curiosità di sapere che cosa ha fatto e come la pensava il loro nonno”.

Le prime parole e la citazione che le precede indicano lo spirito più profondo del libro, una consapevolezza della brevità dell’esistenza, ma anche la certezza che nessun frammento di vita svanisce in un nulla indistinto, ma è un tassello della vita intera, di cui si è responsabili.

“Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più tenerla” dice il passo evangelico (Luca, XVI, 2) scelto quale sintesi essenziale, poi prosegue nelle prime righe della premessa: “Ho vissuto più a lungo di mio padre e di mio fratello maggiore e ora che ho superato il settantesimo anno, voglio guardare indietro e rendere sia pur parzialmente conto di quanto sono riuscito a fare nella vita”.

Zanetti appartiene alla generazione precedente alla mia e la lettura del suo libro mi ha coinvolto perché ho ritrovato molti aspetti comuni alla mia esperienza politica e di vita. L’aspirazione di fare qualcosa di utile è riconducibile all’educazione cristiana ed all’esperienza data dallo scoutismo cattolico praticato fino all’età adulta. Tante cose egli ha fatto nella vita cambiando più volte attività e il Rendiconto racconta tutte le esperienze compiute.

La sua vocazione politica nasce spontanea dall’incontro con esperienze concrete: politica, polis, la Città, il bene comune ossia di tutti o almeno di quanti più possibile: “Io credo che la politica, pur avendo bisogno del consenso, non può consistere nel seguire quanto la gente desidera, essa deve perseguire il bene comune cambiando l’esistente, cosa che in genere è temuta di più per la paura di ciò che può capitare e che non si conosce”. Nel suo Rendiconto scrive raramente “io” e molto più spesso “noi”.

“Il noi è importante per una molteplicità di motivi, per ridurre il narcisismo, per contenere la presunzione di chi ritiene di aver realizzato da solo qualcosa di significativo e per riconoscere di conseguenza il contributo che altri, a volte sconosciuti o restii ad apparire, hanno dato”. Ogni individuo sulla terra è parte di noi, dobbiamo evitare sia chiusure identitarie sia generici buonismi del “diverso è bello”.

Zanetti ha fatto molte cose ed il Rendiconto le riporta fedelmente. Secondo la mia opinione la sua realizzazione più significativa dobbiamo ricercarla nel contributo dato alla Riforma Basaglia che ha cambiato l’assistenza psichiatrica in Italia e nel resto del mondo. Nel libro sono riportati diversi articoli che nel corso degli anni Zanetti ha pubblicato e che aiutano a ricostruire questa grande esperienza. Nel giugno 1970, da una coalizione di centro sinistra, fu eletto Presidente della amministrazione provinciale di Trieste; nel programma di governo la giunta si impegnava a realizzare: “i più moderni e aperti indirizzi terapeutici nel rispetto della personalità e della libertà dell’individuo”. Merita ricordare come in quel periodo la responsabilità dell’assistenza ai malati psichiatrici era affidata alle amministrazioni provinciali che dedicavano circa la metà dei loro bilanci alla gestione degli ospedali psichiatrici. Nel 1970 erano ricoverati nei manicomi italiani 100.000 persone, nella sola Trieste ne erano presenti nell’ospedale psichiatrico di San Giovanni 1200.

Dopo alcuni mesi di presa di contatto con la realtà, Zanetti chiamò il prof Franco Basaglia a dirigere il manicomio di Trieste. Cominciò una stretta collaborazione con il nuovo direttore che portò alla elaborazione di un programma di interventi da attuare per l’assistenza psichiatrica, il comprensorio di San Giovanni e il sostegno dell’azione socio sanitaria: fu un itinerario politico amministrativo che permise di realizzare un progetto assistenziale che ancora oggi rappresenta modello virtuoso da imitare. Nel libro Zanetti ricorda le difficoltà che nella città di Trieste questo percorso ha attraversato e l’intenso coinvolgimento delle forze politiche locali che successivamente fu esteso anche a quelle nazionali. Si sofferma sul ruolo della opposizione comunista, che dopo una prima fase di astensione critica e scettica, doveva unirsi alla maggioranza in tutte le occasioni di voto che afferivano alla riforma psichiatrica. Si può affermare che il percorso politico realizzato alla Provincia di Trieste nei primi anni ’70 fu ripetuto poi in parlamento nel 1978 al momento della approvazione della legge 180. Ritengo utile ricordare alcune scelte che su proposta di Basaglia l’amministrazione presieduta da Zanetti adottò: 1972, l’Organizzazione Mondiale della Sanità sceglie Trieste quale zona pilota per la salute mentale; 1973, delibera del consiglio provinciale che segna la nascita della prima cooperativa sociale “Lavoratori uniti” all’interno del manicomio; 1973, adozione del regolamento di ospitalità nell’ospedale psichiatrico, questo atto consentiva in maniera flessibile l’ospitalità diurna e notturna di persone già prese in carico dai servizi di salute mentale; 1974, fu decisa la chiusura graduale dell’ospedale psichiatrico; altro intervento strategico per la riforma furono i centri di salute mentale aperti 24 ore su 24 e la politica di affittare appartamenti in città ove collocare, con copertura infermieristica, persone dimesse dal manicomio.

In questo periodo sono molte le iniziative che ricordano l’anniversario, 40 anni, dell’approvazione della legge 180, molti si soffermano, giustamente, sui grandi meriti di Franco Basaglia. Bene ha fatto Zanetti a scrivere Rendiconto e ricordarci come la riforma psichiatrica in Italia sia stata costruita.

Michele Zanetti, Rendiconto, con illustrazioni di Ugo Guarino. Publishing, pp. 304.€ 19,50.

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