Giacomo Cuttone, Spuma di mare, 2022
Lo strumento del corpo. Francesco Muzzioli e Brecht “con” Benjamin
Se, oggi, depurata dal senso critico e dalle stesse resistenze corporee delle relazioni intersoggettive, “immedesimazione” fa rima (come parola d’ordine) con l’emozione empatizzante (immediata, istantanea) della comunicazione mercificata (un regime di identità-immedesimazione comandata), il critico Francesco Muzzioli ne pone il discorso su un altro piano. Rilevandone le sfaccettature, infatti, la mette a confronto con le posizioni che fanno capolino fra le pagine (poco frequentate) di autori come Benjamin e Brecht (amici e giocatori di scacchi; “cinico” Bertolt e “malinconico” Walter; entrambi “legati a una politica di sinistra”). Nasce così la sua ultima fatica di studioso e critico: Brecht con Benjamin-Contro l’immedesimazione. I due, Brecht e Benjamin, a proposito di immedesimazione – scrive Muzzioli – pur usando un lessico diverso (Benjamin “innervazione”; Brecht “straniamento”), ne danno un uso alternativo. Innescano un punto di vista oppositivo (materialisticamente denotato e diagonalmente corporeo), considerato il fatto che il dominante modello capitalistico è concentrato (anche) sul controllo dei corpi individuali e sociali, e delle condotte antagoniste. In ciò, così, Brecht e Benjamin non mancano ancora oggi di “dirci” qualcosa di vincolante. Riportiamo (sotto) l’indice del libro come spia (e un invito alla lettura non affrettata, di sorvolo; le pagine dei testi – poco note dei due – danno di che pensare!):
Premessa; Benjamin e l’innervazione; Incontri e partite a scacchi; Brecht in teoria; Il vuoto interiore; Segare il ramo su cui si sta seduti; Testi extra vaganti 1: Me-ti; Testi extravaganti 2: Dialoghi di profughi; Un commentatore d’eccezione; Conclusioni molto provvisorie; Bibliografia dei testi citati.
Fuor di dubbio è il fatto che le pagine di questo libro di Francesco Muzzioli offrono degli spazi di riflessione e di rimando (al passato e al presente) quanto mai utili per far chiarezza sull’uso di certe parole. Allora – scrive Muzzioli (“Premessa”) – è il caso (polemizzando) di affrontare la cosa. Un modo è «prendere di petto il contraddittorio, facendo nomi e cognomi e abbandonando ogni cautela diplomatica. Un altro è la disputa sui termini, che consiste in una anatomia delle parole circolanti, per sfrattare le abusive e rivelare le sfumature inavvertite di quelle più gettonate. Ma un modo è anche lo studio e la rilettura: un recupero di personaggi o passaggi occultati nel chiacchiericcio dominante. Si può essere polemici anche guardando da un’altra parte o guardando in un altro modo. È di questo terzo tipo l’uso che viene fatto qui di Brecht con Benjamin, di Benjamin con Brecht» (p. 7).
Tra le parole oggi più gettonate – come scienze cognitive, neuroscienze, immedesimazione, emozione, a-ideologia, incorporazione, soggettivazione, empatia … –, e solo per focalizzare uno spartiacque necessario, rimandando il lettore alla lettura completa di Brecht con Benjamin- Contro l’immedesimazione, puntiamo l’attenzione sulla “gastronomica” parola “immedesimazione” (super-gettonata e imbandita – a proposito e sproposito – in ogni menù ristorativo-ricreativo circostanziale!). Roba per tutti i gusti e ingenuità educata ad hoc (educazione permanente; non è un caso che si vive nella società del controllo e delle condotte programmate in itinere). La fenomenologia, per acchito, di quello che Benjamin (parlando del surrealismo e della forza del ‘corpo’; una dialettica a “chiasmo”, la chiama Muzzioli) ha individuato come «innervazione fisica collettiva […], scarica rivoluzionaria […] tanto quanto esige il manifesto comunista» (p. 15), ma oggi filtrata e offerta sul mercato della comunicazione con i tamponi dell’incorporazione-immedesimazione empatica. Non dissimile, con «il Verfremdungseffekt o V-Effekt» (p. 39), la posizione di Bertol Brecht. Brecht!, il punto di vista di chi vede le cose da un altro punto di vista, il distaccato (gli occhi di un alieno; dell’Altro). Entrano in gioco, cioè, sorpresa e stupore. La sorpresa, diversamente dalla meraviglia tradizionale, di vedere con occhi nuovi ciò che è normale (che appare scontato) come carico di valenze politiche da mettere a fuoco. Lo straniamento tradizionale – scrive Muzzioli – aveva soprattutto «un valore morale, antiantropocentrico, mostrava (c.n.) i vizi e i difetti che si nascondono sotto la pretesa dell’essere umano di essere la perfetta perla del creato, per Brecht si tratta invece (c.n.) di rivelare dietro l’aspetto patetico-umanitario della sorte di un individuo […] e i suoi caratteri presunti eterni […] un legame con la storia e con la politica. Niente è naturale e quindi niente è scontato; e in egual misura, tutto può essere trasformato» (pp. 39, 40). Uscendo dall’aura “magica” e dai “campi ipnotici” (che invadono l’arte, la poesia, il collettivo …), significa allora ‘straniare’, ovvero abbandonare l’empatia: svegliare i dormienti mediante un’estetica critico-intellettuale (il “Pensare aude”; e ciò con la potenza del corpo, direbbe Spinoza!). Il pensiero, nel materialismo di Brecht, infatti, non visto «come fondamento spirituale dell’Essere, bensì come strumento del corpo individuale e sociale; in quanto tale è un mezzo rivoluzionario. Esso deve servire a spiegare che il comunismo (che, dice Brecht, è semplicemente il “giusto mezzo”) è nel proprio interesse» (p. 40), lì dove l’emozione empatica, fondendo le identità individuali e collettive, non distingue tra emozioni, interessi e azioni di parte (di classe!).
E questo, non per inciso (s.n.), comporta un’arte dell’impegno come un fare e co-fare che smaschera gli slogan dell’arte dell’intrattenimento e delle finzioni consolatorie e/o compensative. Un uso, questo tipo di soggettivazione e disciplinamento biopolitico, non certamente liberatorio. Ricordando il Sartre dei nazisti (che, dice, ci hanno insegnato la libertà), oggi c’è bisogno che la libertà, invece, operi con l’innervazione-incorporazione del ‘V-Effekt’ (senza più perdere tempo). Un impegno cioè di soggettivazione psico-corporea-politica di fuga antagonista capace di opporsi alle condotte che programmano, invece, assoggettamenti all’ordine del regime di verità dominante. Come dire che l’impegno è l’impegno dello stare insieme-con la forza dei corpi animati dall’azione (verità in azione di dissenso e di rivolta) per riprenderci la libertà di cui ci hanno privato con le pratiche dell’intrattenimento consolatorio.
Non a caso Brecht si concentra sul teatro, l’opera d’arte basata sul corpo in azione. E insiste su quella unità elementare cui dà il nome di gestus. Lo afferma, in consonanza, anche Benjamin: «Il teatro epico è gestuale» […]. Lo stesso Brecht costruisce attorno al gestus tutta una serie di domande critiche che tendono a far uscir fuori la direzione, la tendenza dell’arte» (p. 89).
Del resto – scrive Muzzioli – Benjamin aveva usato il termine “innervazione” (richiamo alla corporeità) in Strada a senso unico. Il testo «è di qualche anno prima del saggio sul surrealismo. […] riguarda gli effetti fisici della mistica e arriva alla indicazione drastica: “nessuna immaginazione senza innervazione”» (p. 19). Nessuna percezione senza ‘innervazione’ (intreccio ibridante tra fisicità sensibile e sovrasensibile/immateriale), dunque! Ogni concetto non può stare senza legami con la materialità delle cose cui si riferisce. Un’interazione corre sempre tra le strutture cognitive e pratiche e le cose che si guardano e ci guardano.
Anche in Brecht, il Brecht di Me-Ti e del Dialogo dei profughi, l’istanza della corporeità (forza materiale contrastiva) è di portata essenziale; e lì dove entra in gioco il conflitto tra libertà e costrizione nel rapporto dialettico tra forze produttive e rapporti di produzione, o liberazione e costrizione (la libertà è sempre “collocata”). Infatti, «se gli operai vogliono liberarsi dalla fame è necessario che impongano delle costrizioni ai “padroni dell’economia” per sottoporla all’organizzazione collettiva. Essi, dice Me-Ti, organizzano (c.n.) la propria liberazione […] contro tutte le correnti che minacciano la grande produzione di beni per tutti […]» (pp. 63, 64). All’alunno “Tu” che vuole essere introdotto alla lotta di classe, Me-Ti raccomanda per prima cosa di mettersi seduto comodamente e di fronte alla sua perplessità lo ammonisce: “Se non si aspira al godimento, non si vuole tirar fuori il meglio da quel che c’è e se non si vuole assumere la posizione migliore, perché allora si dovrebbe combattere?» (p. 66).
Per concludere, le pagine di Brecht con Benjamin- Contro l’immedesimazione, secondo noi, al presente lasciano avvisi di “risveglio” per una soggettivazione che incorpori soggettività eterogenee e plurali in permanente conflitto d’ordine.
Francesco Muzzioli, Brecht con Benjamin-Contro l’immedesimazione, Odradek Edizioni, Roma, 2021, p. 96, €16,00.
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