IL ROMANZO DIETRO E DENTRO LE STRAGI di Maria Beatrice Di Castri

Volevamo semplicemente ricordare, poiché questo nostro paese ha la memoria corta. Ogni tanto emergono dalle cronache frammenti di notizie giudiziarie a proposito di indagini che si chiudono o si riaprono relative alle stragi che hanno insanguinato la Repubblica, di cui i meno vecchi non sanno nulla e chi c’era, se ne ha ancora ricordo, ha una certa nausea: è la solita storia, è solo fumo, non si arriverà a nulla di certo. Un buco  nero nella storia d’Italia. Allora abbiamo detto: vediamo qual è lo stato delle Stragi, verifichiamo se tiene ancora la tesi della Strage di Stato, e intanto teniamo sveglia la memoria. Siamo partiti dal concetto di “strage” come uccisione simultanea di molte persone, ma nell’accezione di risultato di un’azione tesa a colpire in modo indiscriminato, nel mucchio (in particolare all’interno di una strategia politica). Per questa ragione non abbiamo incluso il sequestro Moro, gli attentati contro i giudici Falcone e Borsellino, persino i morti di Reggio Emilia. La semplice elencazione delle otto stragi schedate nell’inserto rappresenta bene – ci pare – l’orrore che abbiamo vissuto e che incombe, forse, anche sul nostro presente. Ci siamo posti infatti la domanda se e come le stragi abbiano inciso sulla forma democratica della Repubblica e abbiamo cercato qualche risposta.

Poi, in corso d’opera, è arrivata la pandemia del SARS-CoV-2…

Qui, anticipiamo il nuovo numero del Grandevetro con la recensione di un romanzo di Valerio Aiolli che con grande scrupolo e ricerca attenta, indaga, per usare l’espressione manzoniana, il “vero morale” dietro il “vero storico”, i retroscena e soprattutto le persone che stanno dietro e dentro le stragi (Maria Beatrice Di Castri)

Il romanzo dietro e dentro le stragi

«Una bomba. No, più bombe. In diverse città. Alcune inesplose. Alcune esplose senza far danni. Ma una, la prima, sì. Bilancio che sale di minuto in minuto. Strage.»

Siamo alla prima pagina del libro Nero ananas, nero come l’eversione neofascista, rappresentata in primis dal movimento “Ordine nuovo” (il povero Gramsci non finirà mai di rivoltarsi nella tomba!), ananas come la forma dell’ordigno mortifero scagliato alla fine. Dal Passato prossimo del primo capitolo, dove si rievoca la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, al Futuro anteriore dell’explicit (questi due titoli ricordano le sezioni dell’ultima raccolta di Primo Levi Lilìt), Valerio Aiolli ci porta ad attraversare quattro anni di stragi terroristiche (cinque, se si include anche Piazza della Loggia, appena accennata), fino a quella avvenuta presso la questura di Milano 17 maggio 1973 (ad opera di un anarchico autodefinitosi “stirneriano” di cui gli anarchici sconfessarono l’opera, e dietro la quale emerse negli anni una trama di complicità ben più estese). Ma non mancano incursioni nel passato, tra guerra e Resistenza, per ricostruire le singole storie dei comprimari, né un finale riepilogo del loro destino dopo quegli anni sanguinosi. Di strage in strage dunque, per non dimenticare quella di Peteano, provincia di Gorizia, avvenuta il 31 maggio 1972 che provocò la morte di tre carabinieri.

Lo scrittore non è, ovviamente, un giornalista di inchiesta, né un sarto di cronaca giudiziaria: ma con grande scrupolo e ricerca attenta, indaga, per usare l’espressione manzoniana, il “vero morale” dietro il “vero storico”, i retroscena e soprattutto le persone che stanno dietro e dentro gli eventi: attraverso una galleria di personaggi (Falstaff, il Samurai, il Pio, il Prete, zio Otto, per citarne alcuni) le cui vicende si alternano, descritti alcuni in terza persona, altri evocati nel divenire delle loro azioni e del loro percorso di formazione/deformazione da un “tu” interlocutorio, esplora e ricostruisce il variegato humus antropologico del sottobosco dell’eversione nera, ma anche un campionario del mondo politico democristiano, diviso tra aperture sociali e anticomunismo, tra afflato civico e carrierismo, tra progresso e reazione; anche le diverse modulazioni della scrittura e dello stile riflettono, grazie alla cura magistrale dell’autore, le differenze tra questi personaggi. Il libro esplora, quindi, le connivenze tra l’estrema destra e gli apparati dello Stato, ci ricorda i golpe mancati e le propaggini di un fascismo mai estirpato. Variando il celebre titolo pasoliniano, è dunque un “romanzo dietro e dentro” quelle stragi, dove lo scrittore prova a cimentarsi con un’ossimorica “immedesimazione a distanza” con i loro attori. E poi il libro ci restituisce una società in divenire, attraversata da movimenti di piazza, tra ideali alti e derive non ignare alla seduzione della violenza; un mondo in fermento, in cui un ragazzo in piena crescita, rampollo della media borghesia fiorentina, unica voce a dire “io” nel libro, può vedersi sparire da un momento all’altro la sorella, che riappare e scompare in modo intermittente, trovarsi nella Milano in subbuglio dopo l’uccisione del commissario Calabresi, e poi di nuovo lì, nel finale deflagrante. Personaggi fittizi, ma “veri”, dietro i quali è possibile scorgere figure reali e di cui Aiolli ci mostra il background, gli spostamenti, le esperienze, le emozioni, i pensieri, il mixage tra intenzioni e intrecci casuali che ne ha composto il destino. Vere in toto le quattro vittime, che, tra le decine di feriti, persero la vita nell’ultimo attentato, in via Fatebenefratelli: Felicia Bartolozzi, 60 anni; Gabriella Bortolon, 23; Federico Masarin, 30; Giuseppe Panzino, 63; di queste Valerio Aiolli ci consegna un breve e toccante epitaffio. Una lunga scia di sangue seminata, e non di rado senza la consolazione di una piena verità giudiziaria dopo anni e anni. Ma di un “vero storico”, a questo punto, sì.

 

Valerio Aiolli, Nero ananas, Voland, Roma, 2018, pp. 352, € 17,00.

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