La ricerca della sicurezza sembra diventato un mantra dei politici di tutto il mondo: ovunque vengono usati slogan che esortano a costruire muri o prendere misure eccezionali per difendere una comunità descritta come continuamente e tragicamente in pericolo.
Emblematica, da questo punto di vista, l’elezione di Trump a presidente degli USA e la sua promessa di erigere un muro al confine con il Messico per cercare di contenere fenomeni migratori che, a suo dire, porterebbero in patria pericolosi criminali che, quando non delinquono in senso stretto, se non altro rubano il lavoro agli autoctoni.
Discorsi di questo genere esercitano un grande appeal sull’elettorato: come evidenzia il sociologo Zygmunt Bauman nel suo libro “La solitudine del cittadino globale”, negli USA il candidato con maggiori probabilità di successo elettorale è quello che veicola un’immagine di sé autoritaria e inamovibile. Questo si concretizza, ad esempio, in una forte presa di posizione a favore della pena di morte. Dice l’autore:
“Tre candidati al governatorato del Texas usarono il tempo a disposizione per pronunciare il loro discorso al congresso del partito cercando di superarsi l’un l’altro nel perorare la causa della pena di morte. Mark White si presentò alle telecamere circondato dalle fotografie di criminali mandati alla sedia elettrica nel periodo in cui era stato governatore […], in Florida, il governatore uscente, Bob Martinez, ebbe un recupero sensazionale dopo un lungo periodo di calo costante nei sondaggi popolari quando ricordò agli elettori che aveva firmato novanta ordini di esecuzione”
Insomma, “l’estensione della pena di morte rappresenta il biglietto vincente nella lotteria della popolarità. L’opposizione alla pena capitale significa, al contrario, il suicidio politico”.
Non sconvolge quindi leggere il resoconto di una giornalista del Guardian, Decca Aitkenhead, riguardo i fatti accaduti in diverse città a seguito della notizia che il pedofilo Sidney Cooke era stato scarcerato.
A Yeovil una massa di persone, che in precedenza non avevano mai sentito il bisogno di associarsi, iniziò a radunarsi attorno al commissariato pensando che Cooke si nascondesse lì, chiedendo a gran voce che fosse messo a morte o lasciato direttamente alla folla.
Come riportato dalla giornalista, coloro che si erano riuniti per protestare provavano la sensazione di aver finalmente trovato la propria causa. La Aitkenhead interpreta questo entusiasmo dicendo che non è così forte solo per la sensazione di aver trovato una causa, quanto per il fatto che questa sia comune, un’occasione di lottare insieme.
Infatti “le loro dimostrazioni hanno qualcosa delle riunioni politiche, delle cerimonie religiose, dei convegni sindacali: tutte quelle esperienze di gruppo che in passato definivano il senso del sé delle persone, e che non sono più alla loro portata”.
Fra gli effetti della perdita di queste strutture c’è un aumento generale di ansia, rabbia e paura, precedentemente tenute a bada dalla rete di solidarietà che veniva offerta dalle esperienze di aggregazione già citate.
Si spiega perché campagne politiche basate sul questi sentimenti scuotano la folla: perse le certezze di un tempo, gli uomini trovano stabilità in una comunione mistica e nella paura dell’altro. Altro che è bersaglio di un odio unitario.
Dove rintracciare le origini della destrutturazione delle istanze sociali? Bauman trova una coincidenza fra l’inizio di questo processo e l’avvento del neoliberismo sulla scena economica (e politica) mondiale.
Nel mondo veloce e sempre connesso di cui il mercato ha bisogno non c’è spazio per la stabilità che gli antichi luoghi di solidarietà offrivano. Le comunità sono state smantellate, tant’è che la premier britannica Margaret Thatcher ha potuto dire “la società non esiste”, esistono solo individui.
Lentamente, la scena pubblica ha perso di importanza, e chi vi opera ha allineato i propri obiettivi con quelli fissati dalla finanza e dalle grandi imprese. Competizione, fluidità e flessibilità sono diventate le parole d’ordine in una realtà sociale in cui vengono percepite incertezza e precarietà esistenziali, che ne sono conseguenza.
Così oggi alla politica, che in teoria dovrebbe mettere un argine a queste insicurezze, non rimane che il tentativo d’incanalare ansie e paure nell’unico ambito di cui può ancora occuparsi: l’incolumità fisica dei propri cittadini. Molti partiti basano tutta la loro attività di propaganda sul sottolineare quanto la comunità sia in pericolo e quanto abbia bisogno delle misure che verranno messe in campo se saranno votati.
Il problema, per citare Bauman, è che “gran parte delle misure adottate in nome della sicurezza personale producono divisione: seminano il sospetto, allontano le persone, le spingono a fiutare nemici e cospiratori […], finiscono per isolare ancora di più chi vive già isolato”. Dunque, per ottenere il successo elettorale, i partiti innescano un meccanismo che peggiora proprio quella paura e quell’ansia generalizzata alle quali promettono di trovare una soluzione.
Da questa veloce analisi, possiamo cogliere alcuni elementi interessanti per comprendere l’attuale panorama politico italiano, in particolare l’alto consenso riscosso dall’attuale governo, risultato di un composto alchemico particolarmente riuscito.
Da un lato la Lega, con la figura di Matteo Salvini, ben risponde ai bisogni di una comunità destabilizzata, rassicurandola tramite le parole di un leader forte che promette ordine, stabilità e sicurezza, al costo di erigere barriere a difesa delle case, delle città, della nazione. Dall’altro, il Movimento 5 Stelle si presenta come opposto alla politica delle grandi lobby e della finanza neoliberista, avendo fra i propri obiettivi riavvicinare la politica ai più deboli e mettere in campo misure per tutelarli, come il reddito di cittadinanza.
Attualmente, l’alternativa portata dal Movimento sta iniziando a perdere di credibilità: probabilmente le misure di giustizia sociale promesse in campagna elettorale non risultano credibili a fronte di una situazione economica sempre più instabile. Risulta così favorita la Lega, la cui offerta rimane in ogni caso molto allettante: la garanzia di sicurezza non perde di fiducia in base all’andamento economico della nazione, anzi, al massimo ne guadagna, capitalizzando l’ansia crescente in voti.
In questo scenario dove potrebbe collocarsi una forza alternativa e di sinistra?
Il suo ruolo potrebbe essere quello di farsi carico di questa insicurezza, non come il partito della ragione, della razionalità, del “non è possibile fare altrimenti”, ma offrire una visione di futuro diversa, riappropriandosi della forza eversiva che sta all’origine di ogni movimento di rivendicazione di diritti: avere il coraggio, insomma, di iniziare a (ri)costruire quelle reti di solidarietà e vivere comune (rivitalizzare la partecipazione della base alle attività del partito potrebbe essere un buon punto di inizio) che permettono la crescita di cittadini più consapevoli e sicuri di sé.
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