FELIPE QUISPE HUANCA: RIVOLUZIONARIO, AYMARA-BOLIVIANO di Andrea Gorini

Riceviamo e molto volentieri condividiamo

questo ricordo di Felipe Quispe Huanca

Il suo nome non ha avuto visibilità in Italia. Di conseguenza, la sua morte (a settantasette anni di età) avvenuta a El Alto il diciannove gennaio di quest’anno, è potuta scivolare via senza che nessuno inciampasse sull’eventuale ricordo di scomode considerazioni sulle soluzioni concrete che Quispe, come dirigente di forti Organizzazioni indigene aymara, aveva materializzato nei momenti di aperta guerra civile occorsi nella Bolivia degli anni 2000 e, soprattutto, 2003. Il nucleo di alcune di queste soluzioni, comune ad altri popoli in distinti periodi storici, ha odore di validità generale e ha dunque un qualche senso riportarlo in vita.

Il ricordo di Quispe: la proprietà transitiva vale (almeno in parte) anche fuori dalle relazioni logico-matematiche. Nel novembre del 2005, a La Paz, incontrammo Quispe -allora dirigente politico e sindacale rispettivamente del Movimiento Indigena Pachacuti (MIP) e della Confederación Campesina (CUSTCB)- perché un Movimento argentino, che aveva stretti legami con noi e con lui, considerava molto utile un colloquio approfondito sulla situazione in Bolivia. Il compagno di Buenos Aires che era con noi – coltivatore di rosee speranze sul ruolo della Bolivia come detonatore della rivoluzione latinoamericana- era il termine medio della transitività. La riunione iniziò, naturalmente, in modo discorsivo e cadde, quasi obbligatoriamente, sul Che. «Il Che non doveva andare a Santa Cruz, ma nell’El Alto, a Achacachi, insomma qui nell’Altipiano dove i luoghi sono più sicuri e dove avrebbe trovato tanta gente pronta a incorporarsi nella sua guerriglia. Noi abbiamo un gran rispetto per lui, ha dato la sua vita. Noi siamo antimperialisti, anticolonialisti e antirazzisti e in questa prospettiva siamo come il Che». Inusuali e non scontate le parole sul Che da parte di Quispe, il quale, alla fine della riunione, ci propose di provare a conoscere dall’interno il funzionamento di un ayllu  (apertura non comune per dei q’aras), istituzione  comunitaria che costituisce le fondamenta della democrazia diretta praticata dal popolo aymara. Così partimmo per Achacachi, dove ci saremmo incontrati con il vicesindaco di quell’ayllu, e militante del MIP, Bernabé Pucara.,

Chi era Quispe: il percorso di Quispe, come quello di molti, iniziò dalla convinzione che la lotta armata era la soluzione (come non pensarlo, specie in Bolivia). Fondatore dell’Esercito Guerrigliero Tupac Katari, fu arrestato nel 1991 per aver fatto saltare un traliccio dell’alta tensione e condannato a cinque anni di carcere assieme a Álvaro García Linera, un intellettuale, che si legherà poi politicamente a Evo Morales del quale sarà vicepresidente.

È nel 2000, con la “guerra dell’acqua”, che Quispe diverrà un riferimento carismatico per gli aymara dell’Altopiano. La decisione del governo di privatizzare l’acqua (il bene comune dei beni comuni, per la popolazione indigena e non solo) concedendone la gestione alla potente multinazionale statunitense Bechtel, provoca nell’aprile di quell’anno una rivolta (la “guerra dell’acqua”, appunto) che, iniziata a Cochabamba, coinvolge tutto il paese e prosegue ben al di là di questo mese. Quispe nell’Altipiano e Morales nel Chapare, portano alla lotta la stragrande maggioranza del popolo aymara e non solo. A inizio ottobre Quispe è riuscito, per quanto incredibile possa apparire, ad accerchiare e isolare la capitale La Paz. Il governo non poteva sostenere i costi complessivi di una capitale affamata e immobilizzata e tratta con lui, ma non con Morales che resta isolato. Quispe accetta questa mossa -col che riuscendo a peggiorare i già non buoni rapporti esistenti tra lui e lo stesso Morales- ed assume agli occhi di tutti il ruolo di vincitore sul campo, di colui che ha inginocchiato il governo. Settori di quest’ultimo si avvicinano a Quispe, offrendogli appoggio e favori. I blocchi dell’Altipiano vengono tolti; poi anche quelli del Chapare. La capacità di Quispe di concentrare senza soluzione di continuità la violenza popolare organizzata per raggiungere gli obiettivi politici per i quali la lotta era iniziata, si riconferma nel settembre 2003 con la “guerra del gas”. Con la “guerra del gas” il popolo boliviano vuole ancora una volta impedire la depredazione delle risorse naturali della comune madre terra. Agisce quindi con forte determinazione sia per non permettere al governo di Gonzalo Sánchez de Losada (Goni) di cedere agli Stati Uniti -a prezzi irrisori, cioè al 18% del suo valore- il gas naturale, sia per imporre che questa fonte energetica boliviana soddisfi adeguatamente le drammatiche necessità del mercato interno. La risposta violenta del governo pare far scivolare la Bolivia verso la guerra civile. Si hanno scontri tra esercito e dimostranti (gruppi di autodifesa armati primitivamente) in varie parti del paese, con un saldo di decine e decine di morti. Si ripete, ora con più sangue, la situazione del settembre 2000 e Quispe assume il medesimo ruolo dell’ottobre di due anni prima. Goni non è capace di controllare la situazione, s’impaurisce e il 17 ottobre fugge in elicottero a Santa Cruz e da lì in aereo a Miami, negli Stati Uniti. Quispe, anche a fronte di questa clamorosa vittoria (un Presidente posto in fuga), insiste affinché il suo successore, Carlos Mesa, soddisfi i 72 punti che i popoli originari hanno richiesto e pone apertamente il problema del potere che essi debbono ri-prendersi, rimandando la soluzione del problema alle prossime future elezioni. Ma dall’inizio del 2006, con l’insediamento di Evo Morales alla presidenza, il suo spazio politico e mediatico viene a ridursi notevolmente. Nell’ultimo periodo della sua vita ha ancora giocato una parte importante nell’imporre alla golpista Jeanine Áñez Chávez la inamovibilità della data del 18 ottobre 2020 per andare ad elezioni generali (data che essa voleva posporre invocando strumentalmente la pandemia), dando inoltre il suo appoggio al binomio presidenziale del MAS, Luis Arce-David Choquehuanca, che ha riportato la vittoria.

Le indicazioni che restano: assieme ai limiti personali e caratteriali del personaggio (comuni ai e alle viventi) restano alcuni fatti, che sono per loro natura testardi. Al di là di un governo fatto inginocchiare, e di un Presidente costretto alla fuga, l’attuare di Quispe prendeva a riferimento due sue considerazioni empiriche:

– che al ciclo politica-guerra-politica usato come un tutto unico da parte degli sfruttatori, andava contrapposto l’anti-ciclo degli sfruttati: lotta politica popolare-lotta armata popolare-lotta politica popolare, sviluppato sulla base della loro necessità, possibilità e creatività (non casualmente, pachacuti, parola aymara, significa rinascita attraverso i cicli di creazione e distruzione del mondo);

– che una forza popolare meno armata può vincere una forza repressiva meglio armata.

Sono indicazioni conosciute, e variamente demonizzate o esaltate a seconda degli scopi manipolatori. Quispe le ha applicate nella pienezza della loro espressione dal basso, in modo efficace e adeguato alle caratteristiche della sua nazione; ma sono anche indicazioni più generali che dovrebbero far capire che tra i diritti di chi per vivere ha solo la sua forza-lavoro da vendere, c’è anche la rivoluzione.

 

 

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