LA CULTURA UMANA di Marcello Buiatti

Marcello Buiatti è stato amico e collaboratore del Grandevetro:

lo ricordiamo con questo articolo sul tema delle Due culture

Secondo Hans Jonas, grande filosofo e studioso di etica, la differenza fra gli umani e gli altri esseri viventi può essere definita da tre oggetti simbolici che corrispondono ad altrettante capacità presenti solo nella nostra specie. Il primo di questi oggetti è “la immagine” e cioè la capacità solo umana di “inventare” nel cervello oggetti che non esistono nella realtà esterna. Ad esempio nelle pitture rupestri gli oggetti non sono “fotografati” ma modificati dal pittore secondo la sua “estetica” individuale. Il secondo oggetto è “lo strumento” che è la proiezione sulla materia esterna di un “progetto” umano reificato ed utile alle vite. Il terzo è “la tomba”, simbolo della umana capacità di trascendenza. I tre oggetti derivano dalla umana capacità di invenzione che ci è data da un cervello che è dotato di 100 miliardi di neuroni che si possono connettere in un milione di miliardi di connessioni diverse e quindi di “pensieri”. Sappiamo inoltre che le connessioni fra neuroni (“sinapsi”) non derivano da un “programma” scritto nel nostro DNA ma si organizzano nei primi tre o quattro anni di vita in funzione dei segnali umani che ricevono. Infatti alla nascita le sinapsi sono quasi casuali ma in seguito si stabilizzano solo quelle che hanno ricevuto segnali umani mentre le altre vengono eliminate. Il cervello poi cambia ancora, anche se con una velocità molto minore, per tutta la vita, e quindi i nostri pensieri e comportamenti cambiano continuamente in funzione dei rapporti sociali con chi ci sta vicino e colloquia con noi. Ne discende che ogni umano ha una enorme potenzialità di pensieri diversi che cambiano continuamente con le interazioni con i suoi simili in modo imprevedibile, come imprevedibili sono gli incontri che abbiamo nelle nostre vite. Per cui, il concetto delle “due culture”, una scientifica e l’altra umanistica, è falso nel senso che ambedue sono pensiero umano reso possibile dal cambiamento di pochi geni che ci differenziano dagli altri Primati dando a tutti noi la potenziale capacità di comprendere e sviluppare conoscenze in ambedue i campi dello scibile. La scelta di una area o dell’altra o di ambedue non è quindi programmata ma deriva solo da noi e dai contatti con gli altri umani. E infatti se studiamo la nostra storia vediamo che Homo sapiens, ma anche gli altri “ominidi” che hanno vissuto con noi, avevano ognuno una sola cultura e sapevano tutti costruire utensili e rifugi ma anche scambiare “parole” e concetti gli uni con gli altri. In altre parole, nella umanità coesistono le diverse culture dei popoli che certo però non si dividono in alcun modo in umanesimo e scienza. E infatti da sempre ci sono state e ci sono persone che frequentano contemporaneamente le due culture come avveniva ad esempio nel rinascimento in cui si trovavano pensatori come Galileo, che, pur essendo l’iniziatore della scienza moderna, scriveva poesie, dipingeva ed era un famoso suonatore di liuto, Piero della Francesca, pittore insigne ma anche grande matematico, Brunelleschi, architetto ma anche scultore, per non parlare di Leonardo la cui cultura toccava la matematica, la letteratura, la pittura, la ingegneria ecc. Anche in tempi recenti del resto sono molti gli scienziati che scrivono romanzi, poesie, dipingono e fanno musica e gli umanisti che si occupano di scienza. Esempi famosi di questa interculturalità sono Primo Levi, chimico e scrittore, Isaac Asimov scienziato e scrittore di romanzi di fantascienza, Einstein violinista e fisico insigne, Italo Calvino scrittore ed informatico, Sebastiano Timpanaro filosofo e studioso delle scienze e tanti altri grandi pensatori di interfaccia fra scienza e umanesimo. In particolare Primo Levi su questo argomento ha scritto molto, combattendo i dogmi della controriforma che scambiano scienza e umanesimo per laicità e religiosità, rilanciati recentemente da Papa Ratzinger. Dice Levi: Sovente ho messo piede sui ponti che uniscono (o dovrebbero unire) la cultura scientifica con quella letteraria, scavalcando un crepaccio che mi è sempre sembrato assurdo. C’è chi si torce le mani e lo definisce un abisso, ma non fa nulla per colmarlo; c’è anche chi si adopera per allargarlo, quasi che lo scienziato e il letterato appartenessero a due sottospecie umane diverse, reciprocamente alloglotte, destinate a ignorarsi e non interfeconde. È una schisi innaturale, non necessaria, nociva, frutto di lontani tabù e della Controriforma, quando non risalga addirittura ad una interpretazione meschina del divieto biblico di mangiare un certo frutto […] fra le due culture non c’è incompatibilità: c’è invece, a volte, quando esiste la volontà buona, un mutuo trascinamento”. In realtà, anche se la controriforma è stata una causa fondante della incomunicabilità delle due culture nel Mondo cristiano, non è l’unica fonte di questo fenomeno ed ha assunto caratteristiche più o meno dogmatiche nei diversi Paesi. Fra questi spicca l’Italia come ha scritto nel 2011 sul Sole 24 ore Bruno Arpaia: “Questo è vero un po’ in tutto il mondo, ma in Italia è peggio, molto peggio. Qualche mese fa, proprio su queste pagine, Armando Massarenti ricordava come, al congresso della Società Filosofica Italiana del 6 aprile 1911, un uomo di ampissime vedute come il matematico e filosofo della scienza Federigo Enriques venisse umiliato e fatto passare per dilettante da Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Per Croce, infatti, sulla scia di Hegel, la scienza non aveva un valore conoscitivo, non era nemmeno un sapere e nel clima di reazione antipositivista dell’epoca, fu proprio il neoidealismo a vincere la battaglia in quel congresso. Da allora Gentile mise le mani sulla scuola, mentre Croce diventò il punto di riferimento della cultura italiana”. Nel nostro Paese quindi alla ambiguità della Chiesa si aggiungono durante il fascismo i crociani e gentiliani presenti nelle nostre scuole in cui l’insegnamento della scienza è relegato in un angolino quando non si cerchi di abolirlo completamente come ha cercato di fare la Ministro Moratti vietando l’insegnamento della evoluzione. Da noi il termine “cultura” significa umanesimo tanto che i responsabili culturali di tutti i Partiti sono umanisti senza eccezione. Questa concezione è tanto generalizzata nel nostro Paese che chi si occupa di scienza viene immaginato come persona che vive fra strane macchine ed alambicchi, fa esperimenti che non traduce in concetti quando non viene confuso con un tecnologo e considerato un mago pericoloso. La strada della unificazione è quindi, in Italia in particolare, ancora lunga, anche se sono nati gruppi che lavorano per attuarla in centri di interfaccia fra filosofi e scienziati in cui si lavora per lo scambio dei linguaggi e in Università dove stanno prolificando dottorati ufficialmente aperti alla collaborazione delle due culture. Il cammino è difficile ma deve essere percorso pena la decadenza di tutto il pensiero che, come la vita stessa, non può che essere “multi verso” e cioè trarre innovazioni concettuali dalla interazione fra saperi.

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