Un’anticipazione dal Grandevetro 244
Sandra Bonsanti
Conoscevo già Guido Lorenzon, avendo fatto la cronaca di molte delle stragi del secolo scorso, e sapevo che Guido aveva in qualche modo infranto quel muro che ci portava verso la pista degli anarchici, dicendo: forse io so qualche cosa che dovrebbe essere approfondito. Allora, quando si è trattato quest’anno di ricordare Piazza Fontana e abbiamo voluto fare ancora una volta la somma di una storia che non finisce mai, ho pensato di cercarlo e lui è stato molto disponibile.
Abbiamo cominciato a riflettere su tutto quello che sapevamo, che soprattutto sospettavamo, ma su cui non avevamo quasi nessuna prova, quasi nessuna conferma, sugli anni che avevamo passato e soprattutto su questa domanda che ha assillato sia lui che la sottoscritta: allora questo Stato? c’era effettivamente qualcosa di deviato? oppure c’era una struttura molto più ampia e quindi non si trattava tanto di una deviazione particolare di un pezzo delle nostre Istituzioni, ma di qualcosa di molto più ampio che ci dovrebbe far riflettere? Devo dire che Guido aveva meno dubbi di me, nel senso che da subito ha detto: secondo me ci sono ancora persone che sanno, che sanno cosa è successo. Era molto sicuro dei suoi sospetti su tutta la parte occulta.
E quando l’altro giorno è uscita questa prima sentenza di Bologna che dice: Seguendo il flusso di danaro abbiamo avuto la conferma che Licio Gelli pagava sostanzialmente tutti coloro che erano implicati nelle stragi e anche altre cose che adesso non sappiamo, mi è come cascato un mondo addosso. Si sa che seguendo i soldi si arriva sempre da qualche parte, ma non si poteva pensare che per un periodo che prelude alle varie stragi, soprattutto a quella di Bologna, si trovassero effettivamente i soldi che venivano da Gelli, da Ortolani, verso strutture dello Stato che ormai non possiamo più chiamare “deviate”. Se era il Ministero dell’Interno, con il sig. Federico D’Amato, come si fa a dire che è una “struttura deviata”, che si tratta di servitori dello Stato infedeli? infedeli in che senso? Erano tutti infedeli, allora.
Su questo dovremmo riflettere molto a lungo, anche se la notizia, come avrete probabilmente notato, è scomparsa totalmente da tutti i giornali e questo è probabilmente una conferma che quel marcio c’era e probabilmente è ancora con noi. Partiamo da qui. Guido che effetto ti ha fatto questa sentenza?
Guido Lorenzon
Mi ha fatto l’effetto di una conferma. Io sono convinto che tante persone sapevano nel 1969-70. La notizia che, pare, siamo arrivati a sapere chi siano stati i mandanti della strage di Piazza Fontana, chi è stato quello che ha fatto l’ultimo metro. Ora questa notizia di Bologna mi conferma quello che pensavo. Non io solo. Il sottoscritto nel 1969-70 sapeva quello che poi ha riferito alla magistratura, ma sapevano tanti altri, e soprattutto altri che stavano nel governo. Io, un insegnante di scuola media, un campagnolo, un ragazzotto da nulla quasi, sapevo queste cose perché in alcuni anni erano venuti fuori dei discorsi che messi tutti insieme davano una certa linea e alla magistratura hanno dato materiale su cui indagare. Però persone molto più importanti di me avevano conoscenza diretta delle stesse persone. La mia meraviglia, quando mi sono rivolto alla magistratura e poi ho visto che le cose comunque non andavano avanti, era questa: come mai sono da solo? perché sono da solo? e poi, contro di me chi c’era? Contro di me non c’erano quelli che pensavo, quelli che avevano compiuto gli attentati, c’era lo Stato. Terrore, paura. Allora pur essendo una persona di campagna avevo delle intuizioni, delle percezioni più che altro, mi rendevo conto che la cosa era enorme. Io ho sempre cercato di tenerla nel piccolo dell’istituzionale, e non andare oltre. Nella mia percezione mi rendevo conto però, e adesso so, che effettivamente la cosa era enorme e che non saremmo mai riusciti a sfondare, a uscirne. Nel mio piccolo mi interessava soltanto che la magistratura verificasse quel che io avevo detto. Io avevo detto cose udite e cose viste. Non ho mai portato prove delle cose viste e udite, se non indicazioni imprecise; non ho mai sostenuto la colpevolezza di Caio o di Tizio, diciamo di Ventura e di Freda, ho soltanto dialogato con le Istituzioni dicendo: io ho visto questo, ho sentito quello, tocca a voi verificarlo.
Ho fatto il testimone davanti alle Istituzioni, in tribunale, per 35-36 anni, anche quando nei primi anni c’erano dei fenomeni strani attorno a me, quando mi chiamavano dovevo andare. Adesso cosa sto facendo? Anche per merito di Sandra: il testimone della mia testimonianza. E ho un motivo preciso per farlo. Perché? Perché nel 1987 la Corte Suprema ha assolto Freda e Ventura dall’imputazione della strage. Parola definitiva. Quindi vedete: io vivevo e vivo in Europa, non ho cambiato ambiente, non ho cambiato nome, non mi sono dato da fare con i servizi segreti per andare all’estero stipendiato, ho continuato a fare la mia vita nel mio ambiente, dove le persone erano sempre le stesse, e dicevano: come mai, te, cosa sei andato a dire se sono stati assolti? È vero che sono stati dati 20 anni all’uno e all’altro, io mi ricordo che erano tanti i reati. Il tema era la strage. Finalmente nel 2005 la Corte di cassazione ha detto Lorenzon aveva ragione. Ha detto la stessa cosa di sempre che i responsabili della strage di Piazza fontana sono Giovanni Ventura e Franco Freda. Non si possono più processare perché sono stati già processati e assolti nel 1987. Ma i responsabili sono loro. Dal 2005 in poi per me e per chi mi sta vicino le cose sono leggermente cambiate.
Veniamo a sapere adesso dei mandanti. Io mi sono sempre detto: parliamo di Piazza Fontana perché da quel fenomeno noi tutti non siamo ancora usciti; so di avere ragione purtroppo, perché persone sanno, persone potenti sanno e coprono altri che sanno.
Sandra Bonsanti
Molti di voi conosceranno il libro di Lorenzon Piazza Fontana.La pista di Treviso. Verso la fine della sua introduzione dice: «Sono convinto che la memoria di quanto allora è accaduto debba essere tenuta sveglia da parte dei cittadini insieme con la consapevolezza che chi l’ha compiuta ha mantenuto il proprio potere, conserva ancora i propri obiettivi e si nutre dell’ideologia del fascismo, è rimasta intrecciata al tessuto politico e sociale del Paese. Infatti, se un bel giorno essa fosse sparita del tutto. allora, tolte le protezioni, avremmo anche conosciuto la verità sulle stragi. La giustizia mancata diventa oggi una minaccia costante alle regole della democrazia». Eri abbastanza preveggente, lo sentivi che c’era ancora qualcosa, che c’erano persone che sapevano e che non avevano parlato, e le hai ritrovate nelle cose che sono accadute a Bologna l’altro giorno.
Ti dice qualcosa questa decisione dei magistrati? Si svela la pista dei soldi, ma hanno individuato dei personaggi, in qualche modo.
Guido Lorenzon
Sì, dei personaggi che non conoscevo, ma molti di noi qualcuno lo conoscevano. Ho trovato un signore che si chiama Cavallini, mi pare, e che è vissuto a Treviso per un anno e mezzo, ha avuto anche un figlio da una relazione. Ecco ci porta ancora a Treviso. Cioè le persone che hanno messo la bomba a Piazza Fontana sono partite dal paese, Via della Libertà 1, lì hanno portato la bomba. Le persone che hanno messo la bomba a Bologna sono partite da Treviso e magari ci sono passate accanto. A parte questa suggestione, dobbiamo renderci conto che i nostri figli devono conoscere quello che è vero, almeno quello che conosciamo noi, perché non è tanto importante la giustizia, dal mio punto di vista, è importante la verità. Per i giovani, per i cittadini. Certo una verità senza giustizia è una verità monca. Però non può mai esserci nessuna giustizia senza la verità, la verità viene prima. I giovani devono venire a conoscere la verità e Treviso ne ha molta di verità da raccontare, purtroppo.
Sandra Bonsanti
Si potrebbe fare qualche riflessione su quello che si sa di altre situazioni oscure, per esempio, partendo da quello che è successo in Sud Africa. Che cosa è accaduto con il cambiamento di regime? è successo che c’è stato qualcuno che ha detto: va bene, noi daremo un’amnistia a tutti coloro che prima però raccontano tutto quello che sanno, poi facciamo la pace sociale. In Italia invece dopo la seconda guerra mondiale c’era l’ansia di ricominciare, c’erano regole imposte dai vincitori, c’era l’illusione che si poteva ricominciare sulla via della nuova Costituzione dell’Italia repubblicana senza aver fatto i conti con il passato. Purtroppo questo ha significato che anche nei primi governi del ’47, i governi De Gasperi, si tendesse a mettere tutti quelli che potevano essere utili direttamente al servizio della repubblica. Togliatti, per esempio, predicava l’amnistia e la fece; insomma c’era questo sentimento che ci si poteva mettere sopra una coperta e ricominciare. Invece poi la storia non è così semplice, a un certo punto si ribella. Io mi occupo anche degli archivi e sono riuscita a trovare gli armadi della vergogna, cioè gli armadi che la procura militare nel ’47, in quegli anni là, aveva nascosto dentro un edificio girandoli contro un muro in modo che nessuno li aprisse mai più. Dentro c’erano i fascicoli con i nomi e le indicazioni di tutti i nazisti e i collaborazionisti italiani che avevano fatto le stragi di persone inermi, di bambini, di donne, di vecchi. Erano gli stessi anni, il ’47, il ’48, in cui c’era quest’ansia di ricominciare, di vedere se l’Italia ce la poteva fare. Noi siamo qui e possiamo dire che ce l’abbiamo fatta, forse non tanto bene se siamo ancora a rincorrere certe verità che dopo tanti anni ci sono sfuggite
Guido Lorenzon
Pensavo in questi giorni a quel signore che era l’uomo più potente d’Italia perché era agli Affari Riservati del Ministero degli Interni. Ecco, quel signore pare sia stato usato per l’indagine di Bologna con i soldi della P2. Ecco, quel signore ha fatto di tutto per impedire la verità su Piazza Fontana, era una sua mission, a Milano arrivarono a sostituire dei poliziotti, arrivarono degli uomini degli Affari Riservati e Pinelli era interrogato da loro e custodito da loro. Quando dico “loro” parlo dei Servizi. Quel signore era un grandissimo funzionario, del fascismo prima, e la coperta è servita a lui. Allora la domanda è, e voglio aspettare la risposta almeno parziale: senza quella coperta l’Italia oggi dove sarebbe? quando oggi diciamo che siamo il fanalino di coda, arretriamo sempre, le riforme non si vogliono fare, si ha paura di qualcuno? di che cosa?
Sandra Bonsanti
Volevo dire due cose. La prima, che questa storia di Federico D’Amato a me mi sta qui. Lui aveva sull’Espresso una rubrica di gourmet ed era amico di Caracciolo. Faceva parte del gruppo che si è sempre pensato essere la parte migliore, e lo penso ancora; ma perché c’è lui? D’amato era il capo di quella sezione del Ministero degli Interni che appunto dopo la strage di Piazza Fontana mandò i suoi uomini a indirizzare tutte le indagini sugli anarchici.
La seconda, che c’è un elenco fatto da alcuni che hanno studiato il progetto politico di Gelli e di tutto il suo gruppo. È interessante vedere quale era l’obiettivo: il passaggio dalla Repubblica parlamentare alla Repubblica presidenziale, l’abolizione del bicameralismo con l’istituzione di un’unica Camera con un settore politico e uno tecnico, riduzione del numero dei parlamentari, nuova legge elettorale, soppressione delle provincie, riduzione dei ministeri, riforma di quello delle partecipazioni statali, revisione dei poteri della Corte Costituzionale. Metà di questa roba sembra che sia ancora lì, alcune cose sono state fatte, altre si stanno facendo, il progetto è sempre lo stesso, quindi non si può avere una Repubblica parlamentare come l’abbiamo sognata in cui il parlamento sia veramente al centro.
(trascrizione a cura di Franco Farina, dal Convegno “Piazza Fontana, 50 anni dopo”, Firenze 7 dicembre 2019)
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