FIAB, AMBIENTE E BICICLETTA di Rosanna Betti

Fiab, la lobby delle biciclette

Nella miriade di associazioni ciclistiche la Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta è senz’altro un unicum. Fondata nel dicembre 1988, la Fiab si costituisce come tale il 26 marzo 1989 con il nome di Federazione Italiana Amici della Bicicletta, denominazione mutata recentemente per ribadirne la vocazione ecologista. Tra i fondatori il milanese Gigi Riccardi, figura carismatica stimata in tutto il mondo ambientalista e non solo, che nel 1995 ne diventa presidente. Riccardi è scomparso nel 2008. Con le parole della moglie, per lui, e per tutti i volontari che con lui iniziarono quest’avventura “la bicicletta, e quello che si poteva e doveva fare per imporla a una società spesso confusa e volgare, era davvero una passione civile e politica”. Era e rimane.

Attualmente la federazione, che si basa ancora essenzialmente sul volontariato dei propri attivisti, conta 187 associazioni e sedi e circa 20.000 soci. In Toscana le tredici associazioni presenti sono coordinate dal grossetano Angelo Fedi, e la più numerosa è Firenze Ciclabile con circa 500 soci.

In una terra, quella italiana, in cui la strada è dominio dell’auto privata, da trent’anni i soci Fiab cercano di rendere più vivibili le città promuovendo lo sviluppo dell’uso della bici e la realizzazione delle necessarie infrastrutture: piste ciclabili, zone pedonali e a traffico limitato, sensi unici, ma anche parcheggi custoditi nelle stazioni ferroviarie e in tutti i centri di interscambio tra bici e mezzo pubblico, e una rete capillare di parcheggi bici con rastrelliere bloccatelaio.

Nel tempo quest’impegno ha fatto crescere numerose e approfondite competenze, formando dentro l’associazione tecnici di prim’ordine nell’ambito della sicurezza, delle norme e dell’ingegneria dei trasporti. Dal 1989 la Fiab pubblica e fa circolare materiale di natura tecnica, promuove convegni e seminari, momenti di studio e approfondimento, riunisce professionisti e volontari “professionalizzati”, coinvolge progettisti, studi professionali, università e amministrazioni pubbliche sui temi della moderazione del traffico, delle reti e infrastrutture urbane ed extraurbane ciclabili, della mobilità sostenibile, della normativa. I primi nuclei della futura Fiab avevano cominciato già dalla prima metà degli Ottanta a elaborare proposte di modifiche del Codice della strada a favore dei velocipedi (il termine con cui il Codice designa la bicicletta), come la possibilità di percorrere in doppio senso i sensi unici, di svoltare a destra con il semaforo rosso, di rendere obbligatoria la costruzione delle corsie ciclabili, norme tuttora non interamente recepite dal Codice. Cominciarono immediatamente le prime iniziative per favorire in ogni modo l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto. Del 1988 è la prima campagna, rivolta al presidente della Repubblica e ai parlamentari, con l’invio di cartoline che contenevano questo slogan: La bicicletta è silenziosa, non inquina, non ingombra, fa bene alla salute, migliora la città. STRADA ALLA BICI!”. Da allora le battaglie della Fiab a favore della mobilità sostenibile non si contano e tra le principali c’è quella a favore della moderazione del traffico, che contempla una serie di misure per ridurre l’uso del mezzo motorizzato privato e aumentare l’uso della bici e dei mezzi pubblici, come l’ampliamento delle zone a traffico limitato, la limitazione della velocità a 30 km orari in ambito urbano, la promozione delle zone pedonali, il contrasto al parcheggio sui marciapiedi e in doppia fila, gli incroci e gli attraversamenti resi più sicuri e così via.

Chi non desidererebbe una città meno assediata dalle macchine? Nei luoghi in cui si fanno sperimentazioni in tal senso, le persone sono contente, difficilmente tornerebbero indietro. Nei percorsi urbani entro i cinque chilometri la bici è tuttora il mezzo che consente di arrivare prima a destinazione; chi pedala arriva in orario e di buon umore, consuma calorie e non inquina. Contrariamente a quanto si pensa, in città si respira meglio spostandoci in bici che in auto, ricettacolo di polveri e germi.

Fino a qualche decennio fa i bambini italiani giocavano nei vicoli delle città e andavano a piedi o in bici da soli a scuola, poi le auto, aumentando in misura abnorme, li hanno scacciati: sono diventati pacchi postali che i genitori caricano in macchina e scaricano davanti a scuola la mattina. Proprio ai bambini è dedicata Bimbimbici, la principale manifestazione nazionale Fiab, che si svolge in tutta Italia la seconda domenica di maggio e consiste in un’allegra pedalata in sicurezza per le vie cittadine. L’iniziativa è rivolta ai bambini piccoli, quelli che frequentano le scuole dell’infanzia e le primarie, e ai loro genitori, felici di potersi riappropriare delle strade.

Preceduta da analoghe leggi regionali a favore dello sviluppo della mobilità ciclistica e della realizzazione di una rete ciclabile regionale, l’11 gennaio 2018 nasce la legge quadro, fortemente voluta e di fatto redatta dai tecnici Fiab. Con essa la bicicletta acquista finalmente pari dignità con gli altri mezzi di trasporto. Nella legge 11.1.18, n. 2 s’introduce finalmente il principio generale che il codice della strada non debba più garantire solo la “fluidità del traffico”, ma anche la promozione dell’uso della bici. È una rivoluzione copernicana: dalla strada regno delle auto alla strada di tutti. Si tratta di un cambiamento culturale che richiederà tempo per affermarsi pienamente e la battaglia per ambienti urbani più sani e vivibili, e più simili a quelli delle altre città europee avanzate, è ancora lunga. Il titolo della legge n. 2 è “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica”. Nella legge entra dunque il tema del cicloturismo e della rete cicloturistica. Di cicloturismo o ciclo-escursionismo Fiab si interessa fin dalla sua costituzione. Del 1988 è il primo Cicloraduno nazionale, un incontro gioioso di amici della bicicletta che accorrono da ogni parte d’Italia per un lungo fine settimana di gite, visite culturali e appuntamenti con la buona tavola. Spetta ogni anno a un’associazione locale organizzarlo ed è un momento imperdibile per chi vuole conoscere le realtà Fiab. Si capisce così che molti soci, specie quelli di più vecchia data, vengono dal mondo del ciclismo sportivo e nell’incontro con i temi ambientalisti hanno deciso di fare della bici anche lo strumento di un ambiente più sostenibile.

Da Fiab è nata l’idea della rete nazionale Bicitalia, un vero e proprio reticolato di ciclovie che attraversano in lungo e in largo il Paese, da nord a sud e da est a ovest. La ciclopista del Sole (o ciclovia del Sole), il ramo n. 1 di Bicitalia, è un progetto che prevede un percorso dal Brennero a Palermo, per poi risalire, con traghetti aderenti al progetto, verso Cagliari e Olbia. Attualmente esiste la ciclovia Brennero-Verona, che segue il corso dell’Adige, e nel luglio 2016 è stato firmato un protocollo tra ministeri e regioni interessate per la realizzazione del tratto Verona-Firenze. La ciclopista dell’Arno, progetto non ancora interamente realizzato, è una variante della ciclovia del Sole. Lungo le coste sono in progetto le ciclovie Tirrenica e Adriatica, delle quali esistono tratti già realizzati; anche queste nella legge quadro sono di interesse nazionale e quindi direttamente finanziate dallo Stato. Lunedì 8 aprile 2019 è stato siglato il Protocollo d’intesa tra il Ministero dei trasporti e le Regioni Toscana, Liguria e Lazio per la progettazione e la realizzazione della ciclopista che correrà lungo tutto il litorale tirrenico, da Ventimiglia a Roma. Bicitalia fa parte a sua volta di Eurovelo, itinerario europeo, e Fiab è affiliata a Ecf (European Cyclists Federation), il cui vicepresidente è Alessandro Tursi, da poco eletto anche presidente Fiab dopo l’eccellente guida di Giulietta Pagliaccio.

Negli anni Settanta anche in Olanda il traffico era infernale e i ciclisti erano spesso vittime di incidenti stradali. Cominciarono allora a svilupparsi quelle politiche a favore della ciclabilità che in pochi decenni hanno reso i Paesi Bassi il paradiso delle biciclette. Questa la tenace speranza dei ciclo-ambientalisti italiani: ci arriveremo anche noi!

 

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