Il sospiro di sollievo

Nei giorni di Pasqua abbiamo appreso di Nicole, una bambina di quattro anni morta per un’infezione che sarebbe stata curabile. I genitori, per un paio di mesi, si erano rivolti alla pediatra di famiglia e a tre ospedali. Erano stati rassicurati: niente di grave. All’ultima stazione del loro calvario, i medici avevano comunicato la tragica realtà, constatando la morte della piccola.

Non sappiamo se siano stati applicati i protocolli previsti nel caso del malessere di Nicole, ma la storia è comunque atroce ed emblematica.

La pediatra di famiglia, secondo il virgolettato di Repubblica, è sembrata preoccuparsi di non apparire corresponsabile della morte di Nicole, dichiarando di averla trattata adeguatamente, quando l’aveva vista, un paio di settimane prima. Cercando nel database dei suoi piccoli pazienti, ha poi constatato che la bimba risultava cancellata dal sistema. “Pensando che i genitori avessero cambiato pediatra” ha “tirato un sospiro di sollievo” dato che “nessun medico può essere contento della morte di un suo paziente”. Noi siamo rimasti attoniti, raffrontando la nostra partecipazione dolente per la morte della sconosciuta bambina con il “sospiro di sollievo” del suo medico.

Ci auguriamo che il virgolettato sia improprio, ma -fuori da questa tragedia- sarebbe coerente coi tempi.

Il servizio sanitario italiano, un tempo universalmente rinomato, sta degenerando. Alla tradizionale inaffidabilità di quello privato, capace di buone prestazioni solo quando alimentato e sostenuto dal sistema statale, si va aggiungendo il progressivo degrado di quello pubblico che, in poche stagioni, collasserà.

Che ci siano ancora buoni medici, specie negli ospedali pubblici, è motivo di sconforto, non di speranza: mirate politiche di drastici tagli alla sanità stanno facendo scomparire quei medici che guardano negli occhi dei pazienti e non il budget e l’orologio. (g.r.)

1 Commento

  1. la storia cosi come raccontata è veramente molto triste .Il fatto di per sé è molto grave ma ancora di più indubbiamente colpisce il racconto della reazione della pediatra di famiglia. Se le cose stanno proprio in questi termini la dottoressa ha ben poca umanità , dote che nel mestiere di medico è fondamentale almeno quanto le capacità professionali. Mi viene però da dubitare una strumentalizzazione del caso in quanto attualmente parlare di malasanità è
    per la stampa molto più “redditizio” che non parlare di buona sanità. Per una pediatra di famiglia che costruisce giornalmente il rapporto di fiducia con i genitori dei propri assistiti , la morte di un bambino è un evento devastante che credo lasci una ferita indelebile per il resto della propria carriera . Riteengo che come sempre la generalizzazione sia sbagliata. La maggior parte dei pediatri sceglie questa professione per vera passione in quanto la pazienza , la mediazione con l’adulto genitore e la indiscussa difficoltà nel trattare con pazienti che spesso non collaborano e non sono in grado di comunicare i propri sintomi non può che passare dall’amore verso la professione. Oggi trattare con famiglie che sono sempre più complesse e meno tradizionali nella loro composizione , spesso insicure con minor certezze dei propri ruoli genitoriali, convinti che il pediatra debba risolvere sempre e in tempi brevi le patologie dei propri figli e pochi inclini ad accettare di essere sostenuti da una persona competente nella crescita psicofisica del proprio figlio e non delegare completamente questo ruolo al medico e alla scuola, è la vera sfida dei nostri tempi. Parliamo quindi anche di questo e non solo degli eventi drammatici che possono succedere in medicina che non può sempre e comunque guarire! L’atteggiamento a volte del medico può essere di medicina difensiva e quindi si può tirare un sospiro di sollievo di fronte alla dimostrazione di non aver agito per colpa perchè la gogna mediatica è peggio che la pena ( si fanno delle assicurazioni professionali in quanto l’infallibilità non è dote innata ed è statisticamente provata la possibilità di errore anche per il migliore dei medici. mi dispiace ma questo articolo puzza di strumentalizzazione così come riportato e da pediatra quale sono,oltre al dispiacere di aver appreso la morte di un bambino si aggiunge l’amarezza di vedere troppo spesso denigrare la nostra professione . Gli ospedali poi , per concludere, sono pieni di bravi medici ormai al termine della propria carriera ricca di grande esperienza ma anche di bravi giovani medici formati alla medicina del terzo millennio che è tanto diversa da quella che si insegnava solo trenta anni fa . Vorrei che di questo si leggesse qualche volta sui giornali. farebbe bene a tutti.

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